la società dei devianti

martedì 3 dicembre 2013

la fabbrica della cura mentale

di Daniela Mattalia
Un libriccino che sta in una tasca e però pesa come un mattone: perché quello che racconta, il mondo dei «matti da legare» e di come vengono (mal)trattati nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (meglio conosciuti come Spdc) è difficile da dimenticare. E da accettare.
Non sapevamo, prima, che nei reparti degli ospedali dedicati alla malattia psichiatrica la prassi è che i «pazzi» si legano: se sono arrabbiati, problematici, agitati. Non sapevamo che possono restare legati per giorni (per incuranza, dimenticanza, perchè «è meglio così», «perché sì»). È vero, oggi i manicomi non esistono più, ma esistono mura invisibili: e una persona con disturbo mentale rischia di rimanere invischiato in un entrare-uscire-entrare continuo in questi reparti, dove più che curare si trattiene, si somministrano farmaci, si seda, si lega, appunto. Se ora lo sappiamo è perché lo racconta nel saggio "La fabbrica della cura mentale" (Elèuthera, 175 pagine, 14 euro) lo psichiatra e psicoterapeuta Piero Cipriano, che in uno di questi Servizi psichiatrici (a Roma) ci lavora da anni.
Non sapevamo e forse nemmeno ci importava tanto, perché, si sa, i matti sono gli altri, se sono fuori di testa e talvolta violenti mica è colpa nostra, e che devono fare medici e infermieri? Dovrebbero (Cipriano lo fa, non sempre, non quanto vorrebbe, non quanto potrebbe, e la sua è anche un’autocritica) fare come si fa nei pochi centri di psichiatria «a porte aperte» (A Trieste, a Merano, per esempio): qui l’uso della sedazione farmacologica e della forza fisica è l’ultima ratio, non la routine; e, guarda caso, in questi reparti i pazienti, considerati persone da curare e con cui parlare (parole e farmaci, non farmaci e farmaci), anziché macchine scassate da aggiustare, sono meno agitati e violenti rispetto agli altri.
Il libro dello psichiatra «riluttante» (come si autodefinisce Cipriano) si legge d’un fiato. Per quello che rivela, con indignazione, sconforto, rassegnazione, arrabbiato e deluso con gli altri e, spesso, con se stesso. E si legge d’un fiato perché, semplicemente, è scritto benissimo.
Infilarselo in tasca (in fondo, pesa così poco) sarebbe un’ottima idea.
http://scienza.panorama.it/psichiatria-libro-cipriano-diario

giovedì 14 novembre 2013

confessioni di uno psichiatra pentito


Il settimanale Panorama dedica una recensione al libro di Allen Frances, quello che il New York Times ha definito lo psichiatra più potente d'America (e dunque del mondo, aggiungo io). Il libro ha un titolo biblico, Primo, non curare chi è normale. Ma chi è Allen Frances, e perchè è stato lo psichiatra più potente del mondo? Allen Frances è stato il capo della task force che, nel 1994, ha prodotto il DSM-IV, il manuale diagnostico psichiatrico che per vent'anni ha indicato, agli psichiatri di tutto il mondo, come dovevano far diagnosi. Ora, però, Allen Frances si è pentito. Ha aspettato la pensione per pentirsi. Dice che la sua creatura, il DSM-IV, è stata un errore. Perchè ha aumentato a dismisura il numero di diagnosticati mentali, e di conseguenza ha aumentato a dismisura il numero di clienti della farmacia psichiatrica. Con grossa soddisfazione delle case farmaceutiche, ovviamente. Tutto ciò lo scrivo anch'io, nel mio più modesto La fabbrica della cura mentale, e perciò Panorama accosta la copertina del mio libro a quella dello psichiatra pentito Allen Frances. Troppo onore, Panorama. Però lui è stato il generale dell'esercito dei normalizzatori e io un misero soldato alla periferia dell'impero, lui è uno psichiatra pentito, mentre io non mi sono mai pentito di essere un basagliano, ed è per questo motivo che sono riluttante a lavorare in questa psichiatria neomanicomiale.

sabato 2 novembre 2013

Giulia Ligresti ovvero chi ha è e chi non ha non è




Chi non ha non è, ripeteva Franco Basaglia, e si riferiva agli internati in manicomio. Il manicomio era per i miserabili, per i ricchi c’era (e c’è) sempre un’altra possibilità. E pure il carcere è per i miserabili, per i ricchi c’è sempre un’altra possibilità. Gli psichiatri, gli psicologi, i medici legali, sono commessi, nient’altro che commessi, tecnici specializzati al servizio del potere dominante. Idonei a confermare, con le loro diagnosi, con le loro perizie, che i miserabili devono stare in manicomio, oppure in carcere (carcere e manicomio sono intercambiabili). Se però il carcerato è un membro della classe dominante, per fare un esempio a caso, il primo che mi viene in mente, mettiamo che si chiami Giulia Maria Ligresti, ecco che il tecnico, il commesso del potere si attiva per farlo uscire. Come? Con la perizia. E con la diagnosi. La diagnosi psichiatrica è quello strumento incerto (davvero straordinariamente soggettivo) che diventa, tuttavia, parola scritta su pietra. Con una diagnosi psichiatrica un individuo può essere obbligato alla cura. Oppure essere internato in un manicomio criminale. Con una diagnosi psichiatrica una ricca signora esce di prigione.
Come?
Basta un lieve dimagrimento, cinque chili sono più che sufficienti, per formulare la diagnosi di Disturbo dell’adattamento, ovvero, come scrive un perito: “Un evento stressante più evidente in chi sia alla prima detenzione, e in particolar modo per chi sia abituato a una vita particolarmente agiata nella quale abbia avuto poche possibilità di formarsi in situazioni che possano, anche lentamente, preparare alla condizione di restrizione della libertà e promiscuità correlata alla carcerazione”. Il medico legale dixit.
E Giulia Maria Ligresti, la ricca inadatta al carcere, in virtù di questa perizia, è a casa.
Ora, per favore, l’amica di famiglia guardasigilli Cancellieri provi a spiegarlo alle migliaia di miserabili morti di fame ospiti delle patrie nostre galere, delinquenti abituali, abituati per causa della loro miserabile estrazione alla “promiscuità e alla restrizione della libertà correlata alla carcerazione”. E provi pure a spiegarlo alle centinaia di persone che per causa della loro follia migrante sono imprigionati nei Centri di Identificazione e di Espulsione, senza neppure aver mai provato a frodare lo stato (come la ricca signora Ligresti) al solo scopo di mantenersi elevato il proprio status. Provino, la paffuta ministra guardasigilli Cancellieri, il giudice che ha disposto la scarcerazione, il medico legale che ha redatto il referto, provino tutti insieme a spiegare al mondo che i ricchi sono semplicemente inadatti al regime carcerario mentre i miserabili, al contrario, lo sono.
Provino, con parole loro, a spiegare i meccanismi del darwinismo carcerario, ci provino, che io non so trovare le parole.

martedì 29 ottobre 2013

voglio rivoltare il mondo




Gli psichiatri tradizionali direbbero che io sono un paranoico, che ho un delirio di onnipotenza, che voglio rivoltare il mondo e… ed è la verità!

Franco Basaglia, Conferenze brasiliane